Le cifre dei lavoratori in mobilità, passati in un anno da 120 a circa 300, rappresentano solo parzialmente gli effetti della crisi internazionale sull’economia sammarinese. I segretari della Federazione Industria della CSU, Enzo Merlini e Giorgio Felici, tornano sul fronte caldo delle vertenze occupazionali per ricordare che al calcolo ufficiale della mobilità sfugge l’area grigia rappresentata dai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato. “Pur non avendo il quadro completo della situazione – spiegano – abbiamo ragione di pensare che si tratti di diverse decine di persone a cui le aziende non rinnoveranno il permesso di lavoro”. Con l’aggravante che per i residenti a San Marino l’indennità di disoccupazione è pari a circa 2 euro al giorno: “Cifra assolutamente insignificante, che bisogna aumentare”.
E’ questa una delle priorità che i segretari della FLI-CSU sottoporranno all’attenzione del Governo nell’incontro in calendario il prossimo 27 gennaio, dove si discuterà anche il tema della riforma degli ammortizzatori sociali: riforma ferma al palo dal luglio 2005, quando fu sottoscritta all’interno del rinnovo contrattuale del settore industriale.
Merlini e Felici sottolineano che il fondo su cui destinare le risorse necessarie a fronteggiare la crisi e potenziare le tutele sociali è lo stesso dal quale viene erogata l’indennità di mobilità per i lavoratori licenziati. “Fondo – precisano – alimentato, attraverso un’aliquota delle retribuzioni, da tutti i lavoratori dipendenti, esclusi quelli pubblici in organico, e dalle imprese che non hanno diritto alla Cassa Integrazione Guadagni, mentre l’impegno economico da parte dello Stato è marginale”. Non va poi dimenticato che negli ultimi anni questo fondo è stato abbondantemente in attivo, “per tanto le risorse residue sono rimaste nel patrimonio dell’Istituto Sicurezza Sociale”.
Precisazione “doverosa”, affermano i segretari industria della CSU, alla luce delle polemiche che hanno seguito l’accordo sulla vertenza Puntoshop: “Proprio in virtù della struttura economica del fondo di mobilità, quell’accordo ha dunque pesato in minima parte sulle casse dello Stato”. Nel caso poi l’azienda di tele-vendite non avesse riassunto nessuno, Merlini e Felici ricordano che “le risorse sarebbero comunque state impiegate per pagare a fondo perduto la mobilità a tutti lavoratori che ne avevano diritto”. L’intesa raggiunta invece, concludono, “ha destinato i mezzi economici a disposizione per sostenere il piano di riassunzione e di rilancio della Puntoshop, investendo cioè sulle possibilità di ripresa aziendale e sulle capacità professionali di una parte dei dipendenti”.