San Marino, la Repubblica del compromesso vaccinale. Michele Bovi

San Marino, la Repubblica del compromesso vaccinale. Michele Bovi

San Marino è la Repubblica del compromesso vaccinale

Dalla fine di febbraio ai 33 mila residenti vengono somministrati il vaccino russo Sputnik e quello statunitense Pfizer

MICHELE BOVI (*) I governanti del monte Titano si erano visti costretti a chiedere aiuto a Mosca per il ritardo dell’Italia nell’invio delle dosi concordate. Esiste un precedente in proposito, datato 1958, legato all’epidemia di poliomielite. Di fronte alle difficoltà di approvvigionamento in ltalia del vaccino, San Marino in quella circostanza chiese aiuto alle autorità degli Stati Uniti che nel giro di una settimana disposero l’invio di 2600 dosi di vaccino Salk, completamente gratuite, trasportate da mezzi aerei dell’esercito statunitense.

I vincoli di amicizia tra la piccola Repubblica e la terra di Putin risalgono ai tempi dell’Unione Sovietica; con quella di Biden si riallacciano addirittura ad Abramo Lincoln. Il più ricordato tra i presidenti degli Stati Uniti era cittadino onorario di San Marino: “Benché il Vostro dominio sia piccolo, nondimeno il Vostro Stato è uno dei più onorati di tutta la storia” scrisse Lincoln ai Capitani Reggenti. Un’amicizia dimostrata concretamente in altre occasioni: l’acquedotto di San Marino, inaugurato nel 1962, fu interamente finanziato dall’amministrazione Usa. Con i russi i rapporti risultano altrettanto affidabili: la celere consegna del vaccino Sputnik è stata solo la più recente attestazione del legame.

Lo scorso primo aprile, giorno dell’insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, l’ambasciatore Sergey Razov non ce l’ha proprio fatta a presenziare, trattenuto a Roma dal caso di spionaggio che aveva coinvolto poche ore prima due suoi funzionari e il capitano di fregata Walter Biot. Altrimenti la diplomazia russa – quanto beninteso quella americana – alla cerimonia sammarinese è puntuale come l’orologio della torre Spasskaya del Cremlino.

Ai tempi dell’Unione Sovietica i cittadini sammarinesi erano i soli a poter mettere piede oltrecortina senza bisogno di visto. E se gli americani si facevano carico dell’oro blu, ovvero del fabbisogno idrico del Titano, i russi rimediavano a quello dell’oro nero. Alla fine degli anni Settanta in piena crisi petrolifera, il leader del Partito comunista sammarinese Umberto Barulli chiese aiuto all’omologo sovietico Leonid Bresnev. La risposta fu sollecita: un incontro a Roma con l’ambasciatore Nikolai Lunkov e il suo assistente Leonid Popov (in seguito consigliere di Gorbaciov) produsse un’intesa vantaggiosa. I russi proposero quantità di petrolio palesemente superiori alle esigenze dei richiedenti che di contro non fecero in tempo a rifiutare l’eccedenza: il cane a sei zampe dell’Eni aveva buone orecchie e i suoi funzionari suggerirono ai sammarinesi di accettare l’offerta, il petrolio in sopravanzo sarebbe andato all’Italia che avrebbe provveduto con l’Eni a raffinare la materia, sostenere ogni spesa e garantire le esigenze di San Marino usando come tramite lo stabilimento di Ravenna e per i risvolti amministrativi una ditta di Pesaro proprietaria di alcuni impianti in zona. Un accordo segretissimo che finì immediatamente sulle pagine di OP, l’agenzia giornalistica di Mino Pecorelli: “Attenzione, San Marino e Urss trafficano in petrolio”.

All’epoca l’esecutivo della piccola Repubblica era appannaggio delle sinistre: governava una coalizione tra comunisti, socialisti e socialisti unitari, con la Democrazia cristiana all’opposizione. In Italia si vociferava dei dialoghi di apertura di Aldo Moro con Enrico Berlinguer. Quando la strada verso la realizzazione di quel progetto fu allagata dal sangue dello statista democristiano, San Marino divenne l’ideale alternativa per l’esperimento-pilota chiamato compromesso storico. Nei primi anni Ottanta Vadim Zagladin, uomo al vertice degli apparati d’informazione sovietici e poi consigliere di Michail Gorbaciov, raggiunse più volte San Marino. L’obiettivo politico piaceva anche a Washington perché da un lato consentiva agli amici democristiani sammarinesi di tornare nell’esecutivo e dall’altro di mostrare il volto di un’America conciliante verso il tradizionale nemico russo in procinto di sensazionali trasformazioni. Inoltre nel marzo del 1982 c’era stato un episodio che aveva irritato la Casa Bianca: il Consiglio Grande e Generale, ovvero il parlamento sammarinese, aveva deplorato l’azione intrapresa dagli Stati Uniti in El Salvador e persino autorizzato un contributo simbolico di 5 milioni ai ribelli salvadoregni: una loro rappresentanza era stata ricevuta dal ministro degli Esteri, il socialista Giordano Bruno Reffi.

Negli anni a seguire i diplomatici statunitensi incontrarono più volte i politici sammarinesi presso il consolato di Firenze e furono altresì determinanti nel convincere i socialisti italiani – in anni di governo Craxi – a non reagire troppo severamente per la scelta del Titano che precipitava socialisti e socialisti unitari all’opposizione. L’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma era Maxwell Rabb, fedelissimo del presidente Ronald Reagan. E fu proprio Reagan nel luglio del 1986 a firmare un telegramma di congratulazioni all’indomani della costituzione del nuovo governo tra comunisti e democristiani a San Marino. L’amicizia tra Rabb e il Titano era cementata anche dall’incarico di console a Washington per la piccola Repubblica ricoperto dal 1982 da Sheila Rabb Weidenfeld, figlia dell’ambasciatore. A caldeggiare l’incarico per Sheila Rabb era stato un altro rappresentante della diplomazia sammarinese negli Usa, il barone Enrico di Portanova, che a favore del compromesso storico esercitò per gli americani lo stesso ruolo che Vadim Zagladin aveva ricoperto per i russi. Di Portanova era miliardario e marito di Sandra Hovas, a sua volta miliardaria di Houston e componente della Fondazione per la salvaguardia della Casa Bianca. Una coppia da prime pagine nei magazine americani, soprattutto per la faraonica villa Arabesque di Acapulco, ritenuta una delle abitazioni più sfarzose del mondo (28 camere da letto, 26 bagni, 5 cucine, 4 piscine, un night-club per 200 persone, una torre con guardie armate di mitra, una piattaforma per l’atterraggio di elicotteri e molte altre amenità) inaugurata da un party in cui era presente il jet-set del pianeta: da Henry Kissinger a Luciano Pavarotti, da Paloma Picasso a Sylvester Stallone. Di Portanova si è sempre rivelato premuroso verso le esigenze di San Marino di cui era rappresentante diplomatico: disponibile a finanziare a fondo perduto l’aeroporto o a partecipare personalmente alla realizzazione di eventi di considerevole risonanza. Nel 1988, ad esempio, fu il generoso sostenitore del Simposio internazionale sull’AIDS ospitato a San Marino che suggellò la pace davanti ai Capitani Reggenti tra i due ricercatori che fino a quel momento si erano rabbiosamente contesi la paternità della scoperta del virus Hiv: l’americano Robert Gallo e il francese Luc Montagnier. Giovane e promettente braccio destro di Robert Gallo in quella circostanza era Anthony Fauci, che proprio da San Marino si fece conoscere al mondo annunciando l’inizio della sperimentazione per il vaccino contro l’Aids.

Insomma i sammarinesi vanno sul sicuro: la storia insegna che soprattutto in materia di vaccini, se il tradizionale partner italiano si distrae, in loro soccorso arriva una superpotenza. Anzi due.

(*) Articolo comparso  sull’Hiufingtonpost 

 

 

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