“Incoerente e inopportuno”.
Così la Centrale sindacale unitaria definisce il ricorso a lavori socialmente utili per gli uffici della Pubblica amministrazione.
“Con il decreto 96/2020 viene al contrario prevista la possibilità di accesso al trattamento retributivo ridotto (Trr) per quei lavoratori della Pubblica amministrazione occupati in settori o uffici per i quali la piena operatività non è ancora assicurata, oltre alla facoltà di astenersi volontariamente dal servizio, previo parere favorevole del dirigente – spiega il sindacato in un comunicato -. Da un lato i lavoratori in ‘Trr non volontario’, che hanno comunicato la loro disponibilità, possono essere richiamati a prestare servizio in unità organizzative diverse coerenti con il rispettivo profilo di ruolo, rispettando quindi la loro professionalità; dall’altro, invece, a persone che hanno perso il lavoro nel settore privato e che beneficiano dell’Indennità economica speciale (la mobilità), viene imposto, pena la decadenza degli ammortizzatori sociali, di svolgere i cosiddetti ‘lavori socialmente utili'”. Questi ultimi, in realtà, sono il più delle volte attività lavorative vere e proprie che dovrebbero essere normalmente svolte da dipendenti pubblici.
“Riteniamo che questo modo di operare – afferma infine la Centrale sindacale unitaria – sia poco rispettoso dei diritti e della dignità di chi, suo malgrado, ha già subito la disgrazia di perdere il posto di lavoro. Considerato altresì che alcuni lavoratori in mobilità sono già stati contattati, chiediamo pertanto di sospendere, con decorrenza immediata, la circolare in oggetto e di procedere alla convocazione di un incontro da parte del Congresso di Stato per ridiscutere le modalità e le regole per il ricorso ai ‘lavori socialmente utili’”.
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